Siamo tutti, o quasi tutti, in vacanza finalmente. E, altrettanto giustamente ci si aspetta una grande stagione turistica in un mare azzurro di promesse e di ricerca della carta vincente per raggiungere un’eccellenza che non c’è. Certo, qualcuno si è ricordato che esiste anche il mare calabrese e qualche centinaio di chilometri di costa che aspettano di essere conosciute da un popolo di vacanzieri che sogna un posto al sole. Un sole al quale affidare il ripristino delle proprie energie spese fra un inverno rigido ed una primavera sfiancante. Ma percorrendo un’autostrada in cantiere e fra consigli sul come “sbottigliarsi” scegliendo le statali costiere, ci si accorge che anche questo secondo anno del terzo millennio non è l’anno della svolta.
Lettere e letterine di invito, o commenti e studi sulle potenzialità turistiche della Calabria non mutano la realtà quotidiana che il turista osserva dal suo punto di vista, locale o meno, se ospite di ritorno, ovvero emigrato, o se ospite per scelta. La vittoria della bandiera blu di Bianco non è la vittoria di una regione. È solo un momento di considerazione a cui noi jonici reggini non siamo abituati per criminalizzazione gratuita dei media e per scarsa riconoscenza nei confronti della natura. Una vittoria del mare a cui ci si può ispirare per una stagione che vede, comunque, un’offerta turistica non omogenea e non articolata su strutture capaci di accogliere, seguire, e capire, chi chiede di poter trascorrere le proprie vacanze impegnando il proprio tempo al meglio. Una bandiera blu che non è una bandiera di eccellenza per l’offerta turistica della regione in sé.
D’altra parte, girando e rigirando per la regione ci si accorge che la vocazione turistica della Calabria non può albergare nei soli, pochi, imprenditori alberghieri ed in qualche punto di ristorazione, o sulle bellezze di qualche centro più favorito o di isole paesaggistiche ancora incontaminate perché non di immediato interesse edilizio. È sufficiente entrare in un villaggio turistico per rendersi conto che il turismo di qualità in Calabria vive in angoli creati e gestiti da tour operator non calabresi. Villaggi all’interno dei quali i servizi di qualità sono offerti da risorse umane non calabresi, compresa l’animazione e la direzione delle attività sportive.
E, così, tutto si consuma in un villaggio di pochi che non interagisce con il mondo dei tanti calabresi che vorrebbero poter partecipare al gioco dell’ospitalità offrendo, se preparati, il meglio delle capacità di accoglienza che la tradizione contadina della regione ha da sempre espresso. Ma mi chiedo anche come mai in Calabria, terra con ottocento chilometri di costa, non si sono mai espressi campioni di nuoto? Come mai non esiste un’attività velica allo stesso livello di piccole località lacustri che, al contrario, della scuola nautica su lembi d’acqua ne hanno fatto una prerogativa di attrazione e di offerta di soggiorno oltre che di impegno e di formazione dei giovani? Quali animatori calabresi troviamo nei villaggi a fronte di risorse giovanili che si depauperano per emigrazione verso Nord o si deprezzano per un’indolenza di staticità mentale dovuta all’assenza di proposte o di guida istituzionale alla cura del territorio e alla realizzazione di scuole sportive e di servizi turistici multistagione e multilivello?
“Mediterraneo da scoprire” o no, ciò che si scopre ogni qualvolta che si giunge in Calabria è ciò che la natura offre spontaneamente, superando da sola il degrado e l’incuria che l’uomo restituisce ad una generosa terra e ad una fortunata collocazione geografica. La fine della parzialità di progetti virtuali di ospitalità, l’integrazione di programmi di tutela e promozione del patrimonio culturale, artistico ed ambientale dovrebbero rappresentare le offerte locali alla valorizzazione di un territorio che si trasformi in un’opportunità di occupazione e di crescita della qualità della vita delle piccole comunità grazie al confronto con l’altro.
Il coinvolgimento delle comunità locali, il sostegno alle iniziative di formazione e sportive intese a creare modelli ed esempio per le giovani generazioni dovrebbero rappresentare gli elementi cardine per un salto di qualità tale da valorizzare nuove, e locali, offerte di servizi e la conseguente nascita e crescita di nuovi piccoli imprenditori fuori dalle logiche dei pochi detentori delle scelte politiche e della ricchezza della regione. Altrimenti anche la prossima sarà la solita estate, per noi. Un’estate di ritorno ma non di crescita. Un’estate aspettando il 20 di luglio e la fine di agosto per chiudere, a Sud, nel sole da aprile ad ottobre, l’unica e sola stagione turistica a breve durata nel Mediterraneo.
E, così, tutto si consuma in un villaggio di pochi che non interagisce con il mondo dei tanti calabresi che vorrebbero poter partecipare al gioco dell’ospitalità offrendo, se preparati, il meglio delle capacità di accoglienza che la tradizione contadina della regione ha da sempre espresso. Ma mi chiedo anche come mai in Calabria, terra con ottocento chilometri di costa, non si sono mai espressi campioni di nuoto? Come mai non esiste un’attività velica allo stesso livello di piccole località lacustri che, al contrario, della scuola nautica su lembi d’acqua ne hanno fatto una prerogativa di attrazione e di offerta di soggiorno oltre che di impegno e di formazione dei giovani? Quali animatori calabresi troviamo nei villaggi a fronte di risorse giovanili che si depauperano per emigrazione verso Nord o si deprezzano per un’indolenza di staticità mentale dovuta all’assenza di proposte o di guida istituzionale alla cura del territorio e alla realizzazione di scuole sportive e di servizi turistici multistagione e multilivello?
“Mediterraneo da scoprire” o no, ciò che si scopre ogni qualvolta che si giunge in Calabria è ciò che la natura offre spontaneamente, superando da sola il degrado e l’incuria che l’uomo restituisce ad una generosa terra e ad una fortunata collocazione geografica. La fine della parzialità di progetti virtuali di ospitalità, l’integrazione di programmi di tutela e promozione del patrimonio culturale, artistico ed ambientale dovrebbero rappresentare le offerte locali alla valorizzazione di un territorio che si trasformi in un’opportunità di occupazione e di crescita della qualità della vita delle piccole comunità grazie al confronto con l’altro.
Il coinvolgimento delle comunità locali, il sostegno alle iniziative di formazione e sportive intese a creare modelli ed esempio per le giovani generazioni dovrebbero rappresentare gli elementi cardine per un salto di qualità tale da valorizzare nuove, e locali, offerte di servizi e la conseguente nascita e crescita di nuovi piccoli imprenditori fuori dalle logiche dei pochi detentori delle scelte politiche e della ricchezza della regione. Altrimenti anche la prossima sarà la solita estate, per noi. Un’estate di ritorno ma non di crescita. Un’estate aspettando il 20 di luglio e la fine di agosto per chiudere, a Sud, nel sole da aprile ad ottobre, l’unica e sola stagione turistica a breve durata nel Mediterraneo.