Finite le amministrative ognuno di noi cerca di capire i risultati, si esercita nel leggere tra le righe delle dichiarazioni degli eletti come dei non eletti cosa cambierà, quali saranno le iniziative che ognuno intenderà prendere dalla posizione conquistata di amministratore. O come, e in che termini, coloro che non hanno raggiunto la maggioranza potranno esercitare un ruolo efficace che non li emargini o non li faccia cadere nella tentazione di una facile opposizione. Per comprendere questo, però, credo sia necessario essere convinti di due cose che emergono chiaramente dalle ultime consultazioni amministrative, al di là delle vicende di qualche comune.
La prima, è la risposta civile al commissariamento. Ovvero, il coraggio di voler amministrare, di voler dimostrare che vi è ancora voglia di impegno, desiderio di reagire con dignità come comunità volendo assumere la responsabilità di amministrare senza surrogati democratici o vere e proprie sospensioni della partecipazione popolare. La seconda, meno immediata ma forse più importante, è che in queste elezioni amministrative alla fine, di fronte alle piogge di commissariamenti, hanno vinto tutti coloro che si sono impegnati a volersi assumere questa responsabilità. Va, cioè, riconosciuta la capacità di reagire in termini di impegno civile a quelle persone che, a vario titolo e con i propri programmi od idee, non si sono fatte intimorire dalle difficoltà o conquistare dalla rassegnazione o dalla semplice e comoda arrendevolezza che garantisce una apparente tranquillità, ma che esclude poi ognuno di noi dal poter essere protagonista del proprio quotidiano.
Credo che oggi non vi siano né vinti né vincitori, ma solo persone a cui va riconosciuto il coraggio di essersi comunque voluti impegnare in una terra difficile, dove amministrare non è certo una cosa semplice, dove anche l’impegno civile non è certo una strada senza intralci. In questa sfida verso il domani, a cui si accompagna un certo dinamismo che vede i giovani ricostruire la partecipazione alla vita politica delle loro comunità, si può intravedere il desiderio di riappropriarsi del proprio futuro senza paure. Tuttavia, in questa prospettiva, il successo di ogni nuova amministrazione dipenderà dall’imporsi di due parole chiave a cui ricondurre ogni azione, ogni esercizio di quella che sarà la governance locale esprimibile: dialogo e condivisione. Dialogo con la gente e con le opposizioni per far prevalere l’interesse della comunità su quello delle logiche di lista, dal momento che non vi è successo se non si distribuisce il merito, se non si riconoscono i valori di una proposta, se non si comprende la necessità delle critiche se costruttive e finalizzate a giungere a sintesi percorribili nelle scelte.
Condivisione, quale esatta conseguenza del dialogo perché ciò permette di creare una unità dove l’interesse della comunità va oltre l’orizzonte del vincitore quanto quello del non vincitore. Questo perché, l’interesse della comunità è l’unica via da seguire aprendo le porte al confronto, ricorrendo all’umiltà quale dote che di certo per chi amministra dev’essere un valore fondamentale. Se la consapevolezza è che questa reazione civile - che si perfeziona nel coraggio di voler amministrare – è un momento di riscatto, allora non si può procedere senza unità, senza dialogo e condivisione. Senza un confronto leale, sincero e diretto con chiunque abbia qualcosa da dire anche, pur da vincitori, facendo un passo indietro se si riconosce la ragionevolezza delle opinioni di chi non fa parte della maggioranza. Ecco, credo che la scommessa per una nuova vita civile diversa e partecipativa, serena e, perché no?, sorridente delle nostre comunità passi proprio da queste intenzioni.