Un intraprendente e coraggioso George Gissing, ammaliato dal Sud dell’Italia e dalla Calabria scrisse in passato un piccolo racconto dal titolo By The Ionian Sea, più noto con il titolo Sulle rive dello Jonio. Gissing fu uno scrittore puntuale, appartenente ad una buona borghesia intellettualmente apprezzata e, soprattutto, non legato a luoghi comuni derivanti dal mito del Grand Tour. Un uomo abituato alle intemperie della vita al punto da gettare per amore una brillante carriera universitaria, che si reinventò scrittore e da scrittore/viaggiatore descrisse molto bene ciò che era per lui il Sud e con esso la Calabria.
Tutti siamo stati affascinati dai racconti dei “forestieri”, dobbiamo riconoscerlo. In fondo, presi da una miopia proverbiale non siamo capaci di guardare dietro l’angolo di casa nostra e cogliere i particolari delle nostre piazze o delle nostre vie se a ricordarcelo non sia qualcuno che viene da fuori. Oggi, però, le cose ci sono un po’ più chiare e per due motivi. Il primo perché abbiamo la consapevolezza di dove viviamo e di dove vivono gli altri. Il secondo, perché scopriamo che il bello non appartiene a chi ha sensibilità nascoste ma è, o dovrebbe essere, espressione di una coscienza comune. Se così è allora dovremmo guardare alla stagione estiva con altri occhi e mettere in discussione il nostro modo di valutare le bellezze di un territorio come se fossimo di fronte ad una donna senza trucco, svelata nei suoi lineamenti che con armonia tracciano il senso estetico del naturale fascino dell’essere ciò che si è.
Così, a proposito di fascino, nella sua geografia Gissing riteneva che […] “…tra Catanzaro e il mare si trovano i Giardini delle Esperidi…”[…]. Probabilmente, per ritenere che ciò fosse possibile, lo scrittore inglese avrà avuto buoni motivi per guardare oltre i limiti di un Sud semplice e contadino, ricercando tra mare e monti delle prossimità joniche l’originalità di una quotidianità che nella sua semplicità, e senza rendersene conto, guardava al mare e alle colline come ambienti di vita senza sentirsi ostaggio del limite della povertà. Tuttavia, pur volendo immaginare che da qualche parte della Calabria si possano trovare i Giardini delle Esperidi, bisogna fare i conti con la cura dei “Giardini”. Con l’apparente trasparenza delle acque marine a cui sembra non bastare, e giustamente, quella domanda di depurazione che ogni anno, e ogni estate, quasi come se ciò non fosse giusto anche d’inverno, viene posta e proposta dai coraggiosi turisti che per un motivo o per un altro si spingono verso le nostre coste.
Con il non vedere, per i turisti più estremi, andare in fumo quel patrimonio verde che fa della Calabria una terra sempre meno verde proprio d’estate; cioè proprio quando ciò che la natura gli ha affidato, mare e monti, dovrebbero vivere l’apoteosi della loro bellezza. Ma, nonostante tutto, credo che possiamo stare tranquilli. Di fonte ai soliti mali che perseguitano una terra che sembra sfiorare l’indolenza superando l’alibi della rassegnazione, sicuramente come sempre, alla fine di una stagione durata un mese, il bilancio sarà sorprendentemente in crescita. Potremmo dire, anche noi come le altre regioni a vocazione turistica, che comunque vada sarà stato un successo. Tra statistiche e promozioni, insomma, ci porremmo tra le notizie a saldo di stagione quasi come se l’araba fenice del turismo calabrese che vola da decenni sulle nostre teste fosse null’altro che un mezzo voluto, ricercato nella sua aleatorietà, per far accreditare ogni amministrazione che sorprendentemente, piuttosto che normalmente, avrà il merito di aver soddisfatto le offerte, ma sarebbe meglio le aspettative, turistiche e di aver finalmente trovato anche per quest’anno il Giardino delle Esperidi.
Quel Giardino, nel mare o sulla terra ferma, che tutti vorrebbero ammirare, indirizzando lo sguardo verso le piccole profondità marine cercandone la trasparenza e la pulizia, verso le spiagge dove il miraggio dell’ordine e dalla pulizia si dovrebbe essere trasformato in concreta tutela e decoro degli spazi e non restare preda di un’illusione, verso gli angoli delle strade e le piazze immaginate finalmente libere dallo sconcio dell’incuria e dell’abbandono.