Se c’è una cosa che da sempre mi ha appassionato sin da quando ho iniziato a provare a comprendere il nostro piccolo mondo è quella particolare dote che esprimiamo nel cercare ogni modo per autoconvincerci di essere arrivati al risultato. O, meglio, direi quella particolare qualità per la quale autoreferenziamo noi stessi, attribuendoci poteri taumaturgici tali che da credere davvero di poter avere un avvenire diverso, più radioso, più dignitoso al punto da sentirti alla pari con coloro che hanno raggiunto un traguardo di crescita.
Un traguardo che non è contrassegnato dalla sola ricchezza prodotta, quanto dal livello e dal numero dei servizi che sia alle persone che alle imprese vengono offerti. Ora direi che è interessante che sia stato scelto per un convegno nella locride un aggettivo importante, quasi profetico, come “imperdibile” se non fosse che per decenni tutto per la Calabria e la locride era imperdibile e, puntualmente, è stato perso. Gli investimenti mancati nel turismo, la miopia nel lasciare languire i trasporti, l’approssimazione nella gestione sanitaria, la scarsa tutela e valorizzazione delle produzioni locali in campo agroalimentare, dimostrano quante occasioni sono state mancate. L’imperdibilità di una occasione, di una opportunità non è certo cosa da poco conto perché se ci fermassimo al significato del termine dovremmo pensare che sia una sorta di ultima chiamata, di ultima chance che ci viene offerta per dimostrare di essere diversi, capaci ma, soprattutto, concreti e pragmatici.
Insomma, nessuno potrebbe negare che la realizzazione di una Zona Economica Speciale significherebbe valorizzare un territorio e i suoi servizi. Ma una ZES è prima di tutto “Economica” e poi “Speciale”. Ovvero, prima deve avere una sua dignità e capacità produttiva concreta e dopo, solo dopo, presentarsi come un vantaggioso spazio di attrazione. Ciò richiede qualità del territorio e servizi tali da potersi promuovere nel gioco del mercato e che devono presentarsi con un abito ben costruito e senza le solite toppe di circostanza, Ma non solo.
Una Zona Economica Speciale non è solo caratterizzata da regimi fiscali vantaggiosi, essa richiede capacità logistiche e di sostegno alle attività economiche che presuppongono una organizzazione strutturale e una gestione manageriale che non vedo proprio all’orizzonte delle solite buone intenzioni di chi predica il futuro. Di chi, dopo aver avuto, per anni e anni, in mano le sorti della nostra terra e della locride in particolare propone soluzioni miracolose. In una regione che non riesce a valorizzare le proprie capacità portuali e aeroportuali, dove l’alta velocità è un miraggio che si ferma a Napoli e la viabilità ordinaria – salvo alcune e poche eccezioni - giustificherebbe una riedizione jonica della Parigi-Dakar, dove ogni aspetto dell’attività economica che dovrebbe creare ricchezza sulla quale poter contare per investire, di fronte all’assenza di attività se non produttive almeno di trasformazione e movimentazione delle merci, ritenere che vi sia qualcosa di imperdibile sembra davvero velleitario.
Forse, con più umiltà e pragmatismo, che non è certo una nostra caratteristica, dovremmo concentraci prima di tutto sulle occasioni perse e le opportunità non raccolte. Sulle nostre vere e conclamate debolezze nel pianificare la crescita di una regione e della locride ricercando attività che le facciano conquistare una dignità di mercato per essere anzitutto una “normale” Zona Economica. Probabilmente illudersi di partecipare al grande gioco delle parti può farci vedere lontano e ci trasforma in maghi nascondendo la triste verità di essere solo degli apprendisti. I piani di crescita, che si perdono nelle parole e nelle discussioni politiche ad ogni livello, potrebbero nuovamente aprire le porte verso un futuro più ottimistico, soprattutto in termini di lotta alla disoccupazione. Ma ciò richiederebbe molti passi indietro per chi vive di rendita politica e molta fatica nello studiare ed elaborare, e poi portare avanti sino al risultato finale, idee e progetti.
La verità, triste alla fine, è che Zona Economica Speciale o meno rimane fermo il fatto che non vi sono idee o progetti organici che puntino a spiegare come e, soprattutto, verso quali capacità produttive e di gestione l’economia della locride, come quella calabrese, vorrà dirigersi in termini sinergici. Non mi sembra vi siano ad oggi programmi di riorganizzazione e ridistribuzìone delle capacità logistiche o di trasporto tanto quanto non si vedono, da prospettive sempre più lontane, provvedimenti di insediamenti produttivi nati da una reale volontà di dare un significato pienamente economico alle diverse espressioni territoriali. Alla fine, insomma, l’unica certezza che si approssima all’orizzonte non è tanto il non perdere una occasione per crescere, ma quello di non voler perdere l’ennesima opportunità offerta per accontentarsi di una economia assistita dove a crescere saranno solo coloro che accederanno ai sostegni finanziari senza anima e senza cuore e, soprattutto, senza testa e senza futuro.