I piani elettorali che si leggono in questi giorni in molti quotidiani, ivi compresi quelli della nostra regione, dimostrano l’esistenza di un certo interesse per le prossime consultazioni politiche. Non solo perché sembra si voglia restituire, seppur con le regole dettate dagli stessi partiti con l’ennesima legge elettorale ( e sorvolo sulla mancata costituzionalizzazione delle regole e sulla loro variabilità secondo l’animus del presunto vincente del momento che poi…a ben guardare… rischia di trasformarsi nella vittima di se stesso), ma perché ancora una volta si crede di poter, se non di voler, rappresentare qualcuno o qualcosa.
Ora, che la giostra dei nomi continui a girare quasi come una sorta di ruota degli esposti può anche essere comprensibile. Ciò che lo è meno è la corrida dei possibili candidati che si scatena non solo tra ma all’interno dei partiti laddove ognuno tenta di dimostrare di avere consensi nei suoi conti pre-elettorali. Senza ragionare guardando alle vicende nazionali, ma consapevoli che le dinamiche locali, e soprattutto calabresi, alla fine rispecchiano quanto il centro decide e dispone direi che il vero nodo da risolvere è proprio il rappresentare. Ora in una realtà variegata come quella italiana di certo le regioni a minor opportunità, riconosciute o venute meno per incapacità propria, non possono credere di autoassolversi ritenendo che chiunque vinca possa cambiare copernicanamente un corso della politica e della storia di decenni.
In una campagna elettorale così frettolosa - sarei tentato a pensare volutamente frettolosa - non si leggono obiettivi chiari ne si intravvedono idee altrettanto concrete rivolte a ispirare una rinascita meridionalista non del pensiero, direi ormai abusato, ma nei fatti. Vi è una sorta di rincorsa a soddisfare le logiche e le ambizioni di potere politico nella distribuzione dei collegi delle personalità che a vario titolo e con vari meriti, che ci saranno probabilmente, cercheranno come titolava un quotidiano regionale di qualche giorno fa di conquistarsi “un posto al sole di marzo”. Ma al di là dei soliti luoghi comuni e delle abilità politiche in campo, mi sembra non vi siano ad oggi indicazioni su programmi e progetti da perseguire né, tantomeno, idee complessive di rilancio di una regione agganciandola magari, e in prospettiva, alle possibilità/opportunità di crescita non solo del Paese, ma dell’intera area mediterranea vista in chiave europea.
In questo senso, sembra ancora una volta che, alla fine, siano sempre le lusinghe del possibile piazzamento calcistico che tornano in voga guardando al futuro sbarco a Roma come ad una sorta di riscatto/qualificazione di se stessi, di conquista di autorevolezza, di celebrazione dell’io avvolto in una cortina di pensiero politico che ha molto poco di ideologico per non dire di programmatico. Ancora una volta, insomma, sembra leggere nelle dichiarazioni e nelle indubbie qualità di chi le offre, che non vi sia un rifiuto dell’ambizione, non vi sia una sorta di rinuncia all’orgoglio o a sogni di potere e, quindi, non vi sia una volontà di servire con idee vere e misurabili una regione, così come la nazione di cui questa ne fa parte, con umiltà e disponibilità al servizio.