E’ davvero notevole respirare l’atmosfera pre-voto nelle nostre comunità e, soprattutto, leggere e percepire il fermento intellettuale che contraddistingue un momento di competizione elettorale che, in verità, si nota molto meno in territori nei quali la politica in un modo o nell’altro ha segnato la sua presenza, e in maniera significativa.
In questi giorni, ad esempio, sfogliando i giornali o “aprendo” le pagine digitali dei webzine si possono leggere molti interventi nei quali si afferma una sorta di politically correct nelle riflessioni di coloro che si pongono, per dovere o per funzione, a guida delle nostre comunità. Per carità, ogni contributo di pensiero è una ricchezza nel computo delle possibilità di disporre di punti di vista diversi attraverso i quali far maturare un’opinione propria, condividendone o meno i contenuti. Tuttavia, alcuni passaggi molto spesso rischiano di essere vittime delle lusinghe dei luoghi comuni a cui si accompagnano, oltre a non volere credere - forse per un senso di giusta fiducia a beneficio di inventario si potrebbe dire - che in fondo non si viva in una democrazia incompiuta e che un ordine sociale diverso e più partecipato possa essere ancora un obiettivo a cui mirare.
Non vi sono dubbi che uno degli imperativi democratici sia quello di […] Non trascurare il valore civile e sociale del voto …[…] poiché esso dovrebbe permettere l’esprimersi di una politica sociale diffusa vista, questa, come impegno per la Comunità senza riserve e steccati. Ciò nonostante, bisognerebbe allora cercare di comprendere come si possa intendere una politica sociale che prescinda dal colore e che magari possa trasformarsi, alla fine, in una sorta di nemesi di se stessa rinunciando alle ragioni del partito che, come è evidente, sono sicuramente dominanti rispetto alle ragioni dei territori. Purtroppo, a tali ottimistiche indicazioni risponde sia il livello che la “qualità” dello scontro che si osserva ogni giorno. Uno scontro costruito su altre argomentazioni dal momento che, al di là della conquista del consenso, è la legge elettorale che tecnicamente dimostra tanto, alla fine i cittadini accedono al voto – pur scegliendo il colore che più li identifica - per ratificare scelte fatte altrove, senza possibilità di incidere nel preferire l’uno o l’altro dei candidati.
Scelte ben ordinate nei termini di presentazione delle liste e degli eleggibili quanto nella suddivisione dei collegi operate secondo previsioni di successo e di certo non secondo le ragioni di rappresentatività. Modi e intenzioni che dimostrano quanto più che della prossimità all’elettorato si sia utilizzata la regola delle preservazione di una politica senza anima. Insomma, se […] “votare significa esprimere un senso di appartenenza …[…]si dovrebbe avere il coraggio di dimostrare come, quanto e in che misura una così evidente verità si possa conciliare con una gestione eterodiretta delle intenzioni di voto da parte di tutti i partiti in corsa prim’ancora che queste possano esprimersi in piena libertà. Esprimere un senso di appartenenza, insomma, è una cosa seria e, credo, che prima di dimostrarlo in una competizione che dividerà tra vincitori e vinti forse avremmo dovuto farlo nostro unendo e condividendo idee e opere nel quotidiano superando il comodo attendismo e non aspettando una competizione elettorale.
Insomma, pur apprezzando da semplice e trascurabile calabrese per caso la nobile intenzione per la quale il Vescovo, tra le citazioni precedenti, afferma che […] puntiamo ad una Politica socialmente utile, che edifica la Città educando il cittadino ad accettare il rischio della carità politica, condividendo anche scelte scomode, che relativizzano gli interessi individuali (e gli interessi dei partiti a salvaguardare il proprio potere dove li collochiamo?) e privilegiano forme di partecipazione alla cura della casa comune…”[…], mi chiedo come questa possa essere prodotta da una politica “quotidiana” che viaggia da anni su binari propri e autoreferenziali.
Concludendo, pur intravedendo nella lettura una sorta di remake dell’utopica visione della the city upon the hill tipica dello slancio millenarista dei colonizzatori puritani del New England - mutuata dal Discorso della Montagna di Gesù ai discepoli (Matteo 5,1-7,28 ) - ritengo che costruire oggi una nuova Città del Sole in Calabria cara a Campanella richieda ben altri impegni e sforzi di una campagna elettorale e, soprattutto, un’idea di politica sociale diversa nel senso più nobile del termine. Inoltre, non penso risieda […] “…nell’accettare il rischio della carità politica …”[…] la sfida, ma nella fine dell’assistenzialismo di ritorno, nel riappropriarsi del proprio destino, nell’affermarsi di una volontà di condividere e decidere da se. Una necessità di cambiamento che presuppone un passaggio culturale e civile molto più ampio che va ben oltre un 4 marzo per superare quella teatrale certezza per la quale la politica, quella partitocratica e dei potentati, o la si fa o la si subisce.