Ci sono momenti nella vita di ogni comunità che si dipingono di colori splendidi, vivaci, che portano luce laddove ombre sembrano oscurarne il futuro. Ci sono momenti nei quali il giorno che si apre fa si che ognuno di noi trovi una speranza per credere in un futuro possibile fatto di serenità e di amicizia.
Ecco, allora, che il ritorno di un sorriso può essere ciò che fa la differenza e rappresentare, anche se piccola, una manifestazione di affetto verso la propria terra, verso la propria gente. Tuttavia, ciò che si osserva leggendo le pagine dei quotidiani o le notizie che on-line vengono rilanciate quasi inesorabilmente è troppo spesso una sorta di mantra votato a creare divisioni, frammentare cuori e pensieri, credere che la chiave del successo di qualcuno risieda tutta nel divide et impera di un personalismo alla fine sterile anche se potrebbe sembrare vantaggioso. E, per fare questo, si privano le nostre piccole realtà locali del diritto di vivere secondo una consapevole fiducia nelle efficienze delle amministrazioni, nella funzionalità dei servizi, in una sanità che sostiene e riduca le sofferenze, in un sistema di aiuto delle marginalità che del disagio sociale ne fanno un ricordo d’altri tempi.
Certo, forse l’ottimismo non regna nelle nostre case poiché l’apparente quotidianità sembra regalarci una sorta di abitudine alla routine che solo falsamente è luce. La verità è che ancora oggi ciò che prevale non è la risolutezza verso orizzonti di accesso a migliori opportunità. E’ ancora una volta la rassegnazione ad una rincorsa verso un lavoro che stenta ad offrire opportunità ai giovani, una certezza che la nostra salute navighi nelle buone volontà di chi si offre a curarla ma non è frutto di un modello complessivo e completo di prestazioni a tutto tondo. In questa prospettiva, la società civile che rappresentiamo è un modello con molti lacci ancorati ad un passato, ideologico quanto politico-amministrativo autoreferenziale, a rituali celebrati nelle scelte del potente di turno che sono avulsi da ogni realistica coerenza con le esigenze delle comunità.
Comunità, le nostre, che si lasciano trascinare nel gioco politico senza anima ma solo nella convinzione che una promessa possa essere una sorta di dichiarazione di impegno da onorare al di sopra di tutto e di tutti. In questo senso siamo allora lontani da quella luce che vorremmo splendesse al di sopra di noi. Una luce che ci desse sicurezza, fiducia del nostro vivere giorno per giorno, che non si affievolisca con la delusione di un lunario da sbarcare, ma con la felicità di poter contribuire alla vita comune quali protagonisti.
Per fare questo, però, andrebbero abbandonati gli egoismi e le partigianerie di circostanza, andrebbero evitate le intransigenze e le questioni di principio, in verità molto personali, per approdare ad un vivere fatto di sorrisi, di persone semplici che amano la propria terra, che la rispettano e la preservano. Persone che non si facciano travolgere dal magico incantatore del momento e che anche nell’avversario, se sincero, possono trovare occasioni e suggerimenti per condividere un futuro che non ha bisogno né di potenti e né di guru di ultima istanza, ma di saggezza e di umile volontà di guardare l’azzurro del mare senza perdersi nelle piccole questioni di una politica del tempo che ha molto poco da dire e da essere.