Credo che il Natale alle porte ci abbia regalato l’ennesima prima pagina e, forse, quella che alla fine rimarrà la più letta rispetto a tante altre già sfogliate nel corso degli anni. Guardando alla Calabria, alla storia di una regione dalle tante contraddizioni storiche, siano esse sociali piuttosto che politiche, ma anche dei tanti temi altrettanto contraddittori che si sono svolti e si svolgono quotidianamente, credo che si sia giunti ad un punto di rendez-vous.
Una sorta di luogo nel quale tutto alla fine si sovrappone: illeciti, indagini, pensieri, commenti, delusioni e speranze. Tutto sembra coesistere senza distinzioni di valore in una sorta di magma la cui vischiosità non sembra risparmiare nessuno dei protagonisti e per un motivo: perché tutto accade in una terra dove sembra che il futuro, la crescita, non solo economica ma sociale per non dire civile, sia affidata ad una lotta costante tra politica e magistratura, tra la ricerca del potere, la difesa del suo mantenimento e le indagini da copertina, al di là di qualunque ipotesi di reato possibile e, necessariamente, perseguibile.
Se fossimo ancora una volta noi stessi, abituati ad una sorta di rassegnazione di comodo - rinunciando a qualunque versione attiva di una cittadinanza che si muove lenta e vivace solo se affascinata dal reddito di cittadinanza o da altre formule di assistenzialismo di ritorno - probabilmente potremmo riconoscerci nel nichilismo di un Jack Keruouac. Autore di un indimenticabile On The Road, negando ogni verità oggettiva per la quale, e al di là di tutto e di ogni tegola che sovrasta le nostre teste […] Tutto andrà per il meglio, la desolazione è desolazione dappertutto e la desolazione è tutto ciò che abbiamo e la desolazione non è poi così male […], sembra disegnare una condizione che ci appartiene. Tuttavia, credo che un atteggiamento simile, in fondo già parte di un background a cui sembra non si voglia rinunciare, sia inaccettabilmente arrendevole.
Se percorriamo da decenni strade e terre desolate, se accettiamo una condizione di rovina, di abbandono, di squallore senza apparente possibilità di ripresa, o se ci fermiamo ai facili se non ai comodi alibi di afflizione o di solitudine senza conforto -convinti che essere vittime sia un modo per aggirare l’impegno civile- allora la desolazione, quella vera prima o poi, seppur lentamente ma inesorabilmente, prenderà il sopravvento e non ci basterà avere la certezza che non entrerà nelle nostre case e che sia sempre un problema del vicino. La desolazione del cuore, infatti, sarà l’epilogo di ogni contraddizione e la caduta della fiducia, sia nella politica che nell’impresa e sia di chi nel controllare, giustamente e obbligatoriamente il corso e le azioni, non guarda però al domani fermandosi alle lusinghe mediatiche.
Tutto questo sarà così l’ennesimo irreparabile risultato che ci condannerà senza appello alla definitiva marginalità storica. In questo gioco al massacro, che non prevede campi neutri, chiunque può trovarsi a dover rispondere di se stesso per conto di terzi, così come chiunque può credere che vi siano ancora strade di impunità percorribili inebriato dalla velleità dell’onnipotenza politica. La verità è che in una terra nella quale sanità, trasporti, servizi agli anziani, formazione e sviluppo di impresa stentano a collocarsi su livelli di accettabile qualità, perdono tutti, vittime e carnefici, politica e istituzioni dal momento che non sarà l’ennesima prima pagina a mutarne il corso.
Sovrapporre la cultura della legalità a quella del sospetto, quanto la presunzione di colpevolezza su quella di innocenza -che si afferma andando oltre il dettato costituzionale, diventando un principio fondamentale dell’agire e del giudicare-rappresentano le convinzioni che si producono negli animi. Così come, d’altra parte e specularmente, se non vi sono parti della politica che si discostano da modelli personalistici e prossimi a illeciti, ancorché dimostrabili e misurabili, allora tutti, indistintamente, rischiamo di perdere la bussola navigando verso un orizzonte di tenebre e non di luce.
Tutti viaggiatori in un tunnel senza uscita, dove alla politica velleitaria dell’impunità possibile si aggiunge anche quell’ergastolo processuale nei ritardi della giustizia o l’ergastolo mediatico di un processo già celebrato al di fuori di ogni aula. In questo loop prenatalizio, ancora una volta, sembra che non vi siano altri argomenti su cui soffermarsi e che il crollo diffuso della fiducia, il rischio che nessuno vorrà impegnarsi in politica o fare impresa in Calabria, siano aspetti del tutto trascurabili. Crimini, corruzione, compiacenze e zone grigie a varie tonalità, sembra che in Calabria non vi sia altro che possa far andare verso il positivo. Sembra che ogni speranza di un’equa e consapevole politica istituzionale, oltre che amministrativa, sia ormai pronta a cadere senza corde nel dirupo dell’indifferenza di gente schiacciata tra criminalità, politica senza anima ed indagini da scoop. Un destino, se fosse, triste e aberrante per ogni calabrese. Buon Natale.