Se le settimane scorrono man mano verso le nuove stagioni, anche gli animi si rimodellano alle nuove mete che ognuno di noi cerca di porsi come motivo di vita o come obiettivo di realizzazione di desideri. Ciò vale per gli individui e vale, altrettanto, per quelle comunità che sono, di per sé, la sommatoria delle aspettative di ogni cittadino.
In genere non ci dovrebbero essere momenti di inerzia nello scorrere dinamico dell’esistenza, ma solo pause che dovrebbero servire a rivedere ogni scelta, a considerare ogni errore per riprendere il corso del tempo questa volta riorganizzando obiettivi e rimodulando i desideri secondo le necessità e le possibilità di ognuno di noi. Pensare che la locride sia statica o rassegnata se è in un certo senso vero non è, però, completamente giusto. In verità vi sono molti segnali di una vivacità intellettuale e politica che ne dimostrano una certa inversione di tendenza rispetto al passato. Si potrebbe dire che, a volte con poche iniziative, si possono mettere in moto progetti che per quanto piccoli assumono la loro grande importanza nei significati che essi sottendono.
Che si tratti di progetti legati ad una ospitalità umanitaria o turistica piuttosto che alla promozione della gastronomia calabrese in una giornata dedicata all’alimentazione mondiale, o che si aprano le porte delle scuole a piccole iniziative che trasformano il quotidiano in una occasione per andare oltre i nostri piccoli orizzonti, tutto questo è, di per sé, un ottimo risultato che non ha, e non dovrebbe avere, colore politico. Ciò che dovrebbe prevalere è una sorta di amore per ogni angolo di una terra che non divide, ma che ci accomuna dal momento che ognuno condivide con l’altro piccole conquiste che andrebbero a coprire quei dispiaceri sui quali molto spesso ci siamo fermati, rivolti a concederci alibi di circostanza per non voler impegnare le nostre forze verso un cambiamento dovuto.
Oggi, mentre si guarda alla sanità piuttosto che ai trasporti, le nostre contrade, spesso spopolate quando ci si passa di sera, si ripopolano a sorpresa a piccole dosi e anche di giovani che si assumono l’onere di fare di una tradizione il loro orgoglio di esserci. Se questo è vero, come credo sia vero per onestà ed affetto, allora dovremmo mettere da parte quelle vanità di colore politico che hanno giustificato clientele e permesso che il nostro futuro sia stato riposto in mani poco sincere e affidato a intelligenze, vere o presunte, poco chiare verso coloro che ad esse si rivolgevano e alle quali hanno attribuito fiducia e speranze. Per fare questo si dovrebbe andare oltre il limite del facile miraggio del facile senza impegno, evitare di cadere nelle lusinghe del promesso o essere ancora una volta vittime di quel timore riverenziale che il potere usa per evitare di essere messo in discussione.
L’idea di realizzare nella locride una consapevolezza di comunità diffusa che superi il limite dei comuni, diventa l’urgenza di sentirsi tutti finalmente parte di uno spazio condiviso che è culturale, oltre che economico e sociale, e poi, anche politico. Se questo è l’animo che va ben oltre l’ostacolo della pigrizia e supera le barriere della rassegnazione, allora si potrà riprendere quella voglia di vivere insieme che è il presupposto per aprire non solo la porta alle vicende umanitarie, ma anche al proprio vicino, al calabrese andato via che vuole ritornare, al ragazzo che ancora una volta crede di trovare fortuna altrove e che resetta ogni segno di appartenenza per amalgamarsi in comunità anonime metropolitane nelle quali perde ogni originalità del suo essere.
Credere nella locride come spazio culturale di crescita comune, significa attribuirle un significato decisivo per ogni iniziativa soprattutto cercando di affrancarsi, con coraggio e contro chiunque non lo permetta, sia da una visione criminale di una terra che paga senza compensazioni un massacro mediatico e una reputazione da prima pagina che da un’idea diffusa, e non senza ragione purtroppo, di poca attenzione a ciò che ci è dovuto ma non ci è stato riconosciuto da coloro che, in nome di piccoli egoismi di partito o di casta, della loro terra poco è importato sino ad oggi.