Di iniziative promozionali ne abbiamo viste tante, molte, sia intraprese dalla regione o da alcune realtà locali legate all’enogastronomia - parola di un certo peso se collegata ad esperienze molto significative in Italia e non solo - o al ridondante se non stucchevole luogo comune della vocazione turistica.
Una vocazione, quest’ultima, che da decenni non decolla, ovvero non spicca il volo ingessata in proposte dal burocratese corretto, quanto dal politicamente inconsistente. Non vi sono dubbi che una città metropolitana abbia il diritto e dovere di promuovere se stessa e tutta l’area che la distingue nel suo complesso conurbato di relazioni politico-amministrative, economiche, culturale e sociali. Tuttavia, divertirsi può avere diverse chiavi di lettura e altrettante differenti modalità di manifestazione. Che il concetto di godertela non sia errato può essere visto con simpatica ironia e forse rispondere anche ad un’esigenza di marketing territoriale.
Rimane però il fatto che andare sul dialettale riproponendo un termine inglese - le altre lingue le possiamo archiviare per uso - già usato da molti brand e anche in altre circostanze, ci accomunerebbe ai successi ottenuti da altri soggetti che se sono avvalsi e così non credo che sia. Godersi il proprio territorio, divertirsi, amarlo e, perché no?, promuoverlo non sarebbero intenzioni pretenziose, non sommerebbero vanità di alcun tipo e non lascerebbero dubbi su qualcosa che dovrebbe essere già patrimonio identitario di ogni cittadino che vive con felicità e sicurezza il proprio quotidiano. Tutto questo, però. ad una condizione: che l’identità intanto sia forte e sentita, e che il territorio risponda alle aspettative di chi vuole o vorrebbe goderselo. Ora, ognuno di noi, credo, si sente calabrese.
Tuttavia una campagna di promozione, finanziata con una cifra non certo trascurabile, che tenti di rafforzare il senso di identità dimostra che così non è, o tale non sia ritenuto. Se ciò fosse vero, non è attraverso una campagna di promozione territoriale che si conquista la fiducia del cittadino o lo si invita ad amare la propria terra. Per poterla amare e …godersela, forse dovremmo guardarci intorno e, con buona onestà, verificare cosa questa terra, e la stessa città metropolitana offre.
E, per favore, non si tratta solo delle bellezze paesaggistiche dello Stretto o di qualche tratto di costa ancora non colpito dalla violenza umana, piuttosto che da quella della natura, ma sempre delle stesse ripetute e noiose cose: mobilità, spazi e attività per i giovani, sostegno agli anziani e possibilità termali con un’offerta di ospitalità che guardi ad altre e ben più collaudate realtà invece di autocelebrare se stesse, servizi efficienti, difesa del decoro dei nostri paesi, attività ludico-formative per i più piccoli e una seria, consapevole e diffusa politica dello sport con creazione di impianti e di capacità competitive che suggellino un legame tra le diverse espressioni del territorio.
E, se si vuole, una partecipazione spontanea del cittadino agli eventi culturali, a sostegno di una promozione degli stessi che si svolga su un piano coordinato, affinché ogni proposta sia un’occasione per intensificare le relazioni individuali e di comunità. Allora, forse potremmo sciàlarcela. Ma in verità, nonostante tutto, credo anche che nel nostro piccolo quotidiano, accontentandoci di poco e ispirandosi al nostro vivere alla giornata, e senza ricorrere a grandi spese, lo facciamo da tempo, tra amici o in famiglia seguendo o ricercando un percorso di identità che, credo davvero, non ci sia mai mancato. In fondo, perché fare marketing sulla santità o i trasporti? Magari anche promuovendo una recettività di ampio respiro o una possibilità di soggiorno coccolati dal clima o dalla linda e perfetta cura dell’ambiente che ci circonda? Non è necessario. L’identità è scialarcela a prescindere. Enjoy all!