Ci sono manifestazioni interessanti e di diverso tenore che si svolgono man mano in Calabria. C’è chi propone delle novità per guidare la regione, chi ritiene di avere ancora le carte in regola per reiterare la sua guida nonostante gli anni avuti a disposizione per cambiare qualcosa, magari in meglio, e chi crede di presentare ricette che si affidano ad alchimie molto particolari soprattutto in termini di alleanza, fermo restando che le guide di alcuni partiti sono di fatto commissariate ricorrendo ad un gusto esterofilo tutto calabrese.
Ora se questa è la realtà, e se le voci autorevoli ancorché non più governative indicano nella possibile scelta di personaggi o personalità indipendenti la via da seguire, sembra molto singolare che la prospettiva partitocratica che da sempre domina le scelte possa tradursi in concreta opportunità. I motivi sono esattamente due. Il primo: si dovrebbe accettare che ogni partito, al di là dei suoi non più variopinti simboli, rinunci a porsi al centro della vita politica regionale.
Dovrebbe, in realtà, accettare punti di vista e programmi affidati all’idea che un candidato indipendente si è fatto della possibile futura governance prescindendo da ogni valutazione partitocratica, soprattutto in termini di assegnazione futura delle cariche politiche. Il secondo: accettare che le scelte nelle composizioni delle liste per coerenza dovrebbero rappresentare una discontinuità - termine divenuto un mantra in queste settimane - da ogni vecchia logica di partito. Una sorta di rottura con un passato al punto tale da non presentare coloro che nei partiti, piuttosto che in un solo partito, si sono ritagliati spazi e opportunità rigenerando se stessi ad ogni consultazione elettorale; ora fedeli seguaci di un leader piuttosto che di un altro. Se questi sono i termini più che le condizioni cui doversi ispirare per giungere ad una candidatura indipendente, credo che lo sforzo partitocratico si presenti quasi come una missione impossibile a patto che al termine indipendente non si dia un significato residuale.
E, cioè, che si tratti solo di un non iscritto ad un partito politico ma che presenta affinità ideologiche con l'uno o con l'altro. Se così fosse, si tratterebbe di far entrare dalla finestra quel mondo che si vuol lasciare alla porta. In realtà ciò che si chiede è forse troppo. E, cioè, una prova di coraggio anch’esso politico. Un coraggio che faccia si che ogni partito arretri da posizioni insostenibili nei fatti, dove ogni promessa di rinnovamento viene rinnegata da quelle mancate che per anni hanno caratterizzato ogni campagna elettorale. Il coraggio di una scelta indipendente nasce e matura, allora nell’onesta volontà di poter scegliere una candidatura autonoma, libera. Senza vincoli diretti ovviamente, ma anche indiretti.
Ovvero, una candidatura scevra dal rispondere ad una volontà di segreteria se non solo a quella degli elettori. Questo potrebbe essere un significato e un segnale di indipendenza che potrebbe fare la differenza. Ma alla linea di partenza vi sono troppi indipendenti con piedi ben ancorati a dominus di partito e, tale finzione, alla fine farà svanire ogni speranza che qualcosa possa finalmente cambiare.