Le giornate invernali sono strane, forse insolite pur nella loro normale scansione temporale, dal momento che si ripetono da millenni. Eppure sono state lunghe se non lunghissime soprattutto nelle ultime settimane di dicembre. La corsa al candidato o, meglio, al candidabile, ha coinvolto tutti senza risparmio di energie. Chi in carica alla ricerca di una riconferma, chi a sgomitare per essere una new entry e chi a cercare nel guardaroba multistagione un abito utile per cambiare modello o colore secondo necessità… elettorale ovviamente!
Una corsa così frenetica, anche nei giornali e sul web al punto che, credo, neanche una consultazione presidenziale statunitense avrebbe scatenato un clima così fervido o, se vi piace, più gravido di analisi politiche di alto profilo, di proposte di salvezza o di giustizia pronti e via per un election day tutto calabrese. Una gara al miglior recupero, condotta con passaggi di tanti, troppi testimoni che rischia di allungare il traguardo per altri anni e anni ancora, come se la cordicella dell’arrivo si spostasse da sola man mano che qualcuno si approssima a raggiungerla.
Eppure, nonostante, le lunghe giornate pre-voto di ieri e di oggi che nessuno dei candidabili ha presentato soluzioni mirate, articolate, concludenti. Non era una novità da attendere, lo avevo scritto settimane fa. L’impegno da porre nella corsa verso l’alloro non avrebbe lasciato spazio a giustificare del perché e per che cosa ci si dovesse candidare. In fondo, l’importante è arrivare e poi tutto si vedrà. Si vedrà la sanità, che non manca di esprimere di sé quel meglio quotidiano che ognuno di noi legge senza pathos, salvo che non si tratti di un parente costretto a sperimentarne la qualità.
Si vedranno i trasporti che, a ben guardare, considerati i parchi autovetture che circolano renderebbero inutili le osservazioni di una trascurata va alternativa alle quattro ruote salvo, ruote permettendo, dover fare i conti con le percorribilità e, soprattutto, la manutenzione delle strade. Si vedrà anche dove riporre i rifiuti, magari anche ben differenziati in un circolo che di virtuoso non dimostra particolare verve, soprattutto considerata l’ampiezza dei panorami variopinti o delle opere - che definisco open space - che adornano coste o sovrastano cespugli.
Si vedrà anche quale modello di legalità promuovere se la politica che verrà - ma che è già stata - saprà interpretare al meglio questo valore, condividerlo con le persone cercando di trovare quella giusta via alternativa ad una reprimenda delega attribuita alla sola soluzione giudiziaria. E si vedrà, quanto e in che misura ci si impegnerà nel progettare lavoro e qualità professionale, se non accreditare immagini culturali che non siano il prodotto dei soliti argomenti per eruditi da bar dello sport o da affascinati cultori di effimere eccellenze.
Eppure, se questo dovesse essere l’epilogo del domani, oggi terminata la corsa e sistemate le liste, è tornato il silenzio salvo qualche piccola luce accesa da rimostranze di immancabili scontenti o di esclusi per opportunità. Ma pur avendo goduto del bagliore della luce del gioco elettorale giorni fa, in attesa che si riapra il palcoscenico di imperituri attori, è ritornata la sera: nelle strade, negli ospedali, nei piccoli paesi che languono nel poco che eroicamente si oppone all’abbandono, nelle vite annoiate di chi aspetta un futuro che non arriva e che forse non arriverà neanche a questo giro di danza.