Devo dire che a leggere di Calabria in questo periodo non ci si annoia proprio. Non perché in passato non ci fossero notizie dell’Ultima Ora proposte in vario modo, ma la proliferazione delle modalità di informazione, la costruzione e offerta di notizie in varie salse non manca di arricchire le giornate a qualunque latitudine.
Certo, qualcuno dirà: è il risultato dei tempi e degli indigesti algoritmi a cui si affida la profilazione delle nostre vite. Tuttavia, aver solcato le rive del Mare per avere dedicata una pagina del più famoso giornale rosa del mondo (rosa in termini economici si intende e questa volta non è il Sole nazionale) alle nostre rocambolesche peripezie non è cosa di poco conto. Ma non solo. Leggendo qua e là si intravede un interesse costante della Stampa nazionale che ha riscoperto l’esistenza di una sorella lamentosa, che cerca salvezze dove si può e che difende, comprensibilmente, dignità offese dall’anchorman istituzionale di turno o si affida a giornalisti che, illuminati oggi da una nuova narrativa più garantista e meno manettara, traghettatisi da quotidiani del Nord a quotidiani cosiddetti riformisti, si adeguano al nuovo vento.
Ora che si tratti di difendere una dignità perduta da parte di una regione - come usa dire un mio caro amico - sconfitta, ma da spallate – aggiungo io - che provengono da chi del Sud ne ha fatto un argomento da scaffale mi sembra giusto e anche intellettualmente onesto, oltre che dovuto. In ogni caso, però, mi pare che si annaspi ancora oggi su un mare che, al di là dei marosi sanitari, continua placidamente a lambire spiagge rassegnate e che, pur considerando la bontà delle intenzioni, tendono a conservare piuttosto che a rinnovarsi la loro routine; unico vero motivo, quest’ultimo, che sembra giustificare animi da protesta. Si, perché il rinnovamento, parola facilmente strumentalizzabile, non passa solo dal mettersi dietro al salvatore/eroe o a digitare commenti da giornalisti mancati sulle tastiere di casa.
Essa passa dal guardare in faccia la realtà e riconoscersi responsabili della deriva verso la quale un’intera comunità si è abbandonata. Nessuno salverà la regione. Non lo hanno fatto i politici di ieri, né quelli di oggi e non lo faranno neanche quelli di domani, nonostante possano esprimere buoni motivi e magari porsi anche come novità o presentarsi come diversi eticamente, magari paladini senza macchia di una nuova Chanson de Geste tutta da riscrivere. Questo perché il vero rinnovamento può essere rappresentato solo dalla nostra percezione del presente e del futuro, dalla nostra capacità di rivedere gli atteggiamenti assunti negli anni nei confronti della cosa pubblica e delle persone che ci stanno accanto.
Tra il disastro della sanità, la mancanza di sostegno alle attività produttive, l’atteggiamento ossessivo compulsivo dimostrato nei mesi di marzo e aprile volti a impedire anche ai propri affetti sulla scorta di una paura da contagio il proprio diritto a riunirsi, in sicurezza ovviamente, alla propria famiglia - e non trascrivo i commenti trovati qua e là da coraggiosi eroi del retrotastiera anche se ne sarei tentato perché alcuni, per la loro farcitura, li ho conservati - credo che la strada sia molto ardita.
Tra volontà di rinnovamento, schiere di sempreterni politici da casta di paese che attendono di essere ri-collocati in una lista di favoriti come se non lo siano stati da anni, sacerdoti di legalità che guardano all’orizzonte mondi ad un solo colore o discettano monotematicamente ogni giorno di un quotidiano senza speranza, il rinnovamento riprende la propria strada di essere un convincimento intimo e consapevole. Il resto, solo una maschera di ipocrisia che forse, avendo coraggio e stima di noi stessi, dovremmo togliercela una volta per tutte.