E alla fine cadde il silenzio. O, almeno, così sembra essere …per adesso. Si, è caduto un silenzio assordante, forse rotto dal frinire delle cicale, ben più dignitose degli strali delle cassandre politiche che si sono esercitate in una corsa alla legittimazione di quel candidato piuttosto che dell’altro.
Dell’eroe di turno o del cavaliere senza macchia per poi, ovviamente, ritirarasi nel limbo delle contrattazioni meno pubbliche, magari favoriti, adesso, dalla prossima pausa estiva. Cade il silenzio sul candidato possibile, confermato ma non deciso, presentato come possibile ma non dato per garantito. Un silenzio che sembra essere sceso in questa tragedia greca che ormai è parte di noi, che sublima se stessa nelle vicende delle polis, poco elleniche e anche poco magno greche per onestà.
Polis, le nostre, dove tra demiurghi e taumaturghi il gioco è quello di celebrare dei semidei che dall’alto dell’Olimpo del loro teatro senza tempo offrono copioni sempreverdi, rinnovati non nel senso della pietas necessaria per ottenere sentimenti ed emozioni consensuali nello spettatore/elettore, ma per spirito di benifica necessaria immobilità, utile per adorare promesse farlocche e vani riscatti. Una tragedia reinterpretata, dove, non ce ne voglia Aristotele, paura e pietà non sono i sentimenti sui quali si intende giocare la partita, ma è sui bisogni e sui legami che si svolgono, e si contrattano, i destini dei quali diventare ancora una volta i nuovi proprietari della vita politica di sempre, etichette nonostante.
D’altra parte, la festa è ancora lontana e forse sarebbe meglio preparare i conti e definire ciò che non sempre si definisce: programmi e alleanze, possibili o virtuali. In questo silenzio assordante, ognuno cerca di definire la propria prospettiva di fronte al cambiamento non dei termini di realzione, ma delle circostanze cercando quelle più favorevoli. Per fare questo è meglio porsi in attesa. E, così, mentre chi domina spera nella stanchezza e nell’arrendevolezze dell’elettore per poter continuare a perpetuare interessi propri o di parte altri vagheggiano aspettando conferme.
Non è semplice ricordare Martin Luther King e le sue battaglie civili. In fondo, si tratta di un personaggio che nasce, vive e matura in un’esperienza storica che non è calabrese. Ma una cosa rimarrà vera, anche in Calabria, ed è che La più grande tragedia di questi tempi, non è nel clamore chiassoso dei cattivi, (agnelli apparenti e ben vestiti o ben celebrati) ma nel silenzio spaventoso delle persone oneste.