Credo che in molti nel leggere queste poche righe settimanali si fermeranno a pensare perché il pessimismo sembra essere il dominus delle riflessioni che da tempo albergano nell’animo di chi scrive e che vengono ospitate su questa pagina. E credo, altresì, che non mancheranno alcuni commenti su chi e come ma, soprattutto, cosa, intende di sè stesso magari affascinato da una interpretazione oggi di moda dell’autopercezione di se che ti permette di legittimare una incoerenza non solo biologia, il Zan del momento mi dovrebbe perdonare, ma anche quella sociale se non, ovviamente politica. Ma, a scanso di equivoci, non ho autopercezioni a cui affidarmi e resto ancorato ad un realismo di maniera, forse, ma opportuno.
Credo, però, che ciò che ha contraddistinto gli ultimi mesi e le ultime settimane nella corsa al risultato elettorale sia comunque un trionfo diffuso proprio dell’autopercezione di se vista nei modi e nelle parole diffuse da leader grandi, piccoli o aspiranti tali che hanno dominato piazze e non solo della regione. Ovvero, di quel convincimento del momento che permette di giustificare ogni cosa, ogni scelta, ogni possibile tendenza ritenuta al momento come propria e, per questo, legittima. In questa corsa verso il traguardo finale che limiterà ad uno spoglio delle urne, unico feticcio ancora periodicamente spogliabile, vi sono concorrenti che hanno già percorso altre gare con risultati, o non risultati, che dovrebbero far pensare a come e in che misura il futuro si determini come un eterno, o una continuazione, di un mai dimenticato passato.
Tra chi di sinistra con fascini di destra, populisti orfani del populismo e leghisti pentiti dalle lusinghe degli eredi di un tal Alberto da Giussano, la corsa sin dai blocchi di partenza dimostrerà che lo spirito gattopardiano sopravvive e sopravviverà nei retropensieri di chi, candidandosi, dovrebbe svelare il vero motivo di tale impegnativo sacrificio che dovrebbe trascinare gli elettori, quasi come i bambini nella favola dei fratelli Grimm, al suono dell’ennesimo piffero magico in quel mondo dei sogni che immancabilmente viene dipinto prima di ogni elezione.
E così, guardando ormai le distanze come percorribili, si pensa e si spera che il traguardo sia prossimo, per una Presidenza, un assessorato o uno stipendio da consigliere regionale. Poco importa, poi, di quanto la linea di fine corsa si sposterà man mano. Si continuerà a correre. Correremo inseguendo un quotidiano ormai inesorabile, che condanna chi spera ma che resterà quell’utile spazio di vita nel quale reiterare i bisogni da soddisfare poco a poco, evitando che di una certa politica o di un certo idealtipo di uomo politico si possa prima o poi fare a meno.