I Giovani non sono piante
I giovani dovrebbero rappresentare quella parte di noi che segna il cambiamento, il passaggio tra ieri attraversando l’oggi verso il domani. Una transizione continua e una progressione degli animi e dei sentimenti che se fermata, incompresa o resa marginale pone in sé le radici del caos e del ritardo per una società moderna che vive nella dimensione di un tempo sempre più breve, nel decidere, nel fare, nell’ascoltare e comprendere. Se per Marcuse “[…] i giovani per loro natura si pongono alla testa di coloro che vivono e combattono per Eros e Thanatos, e contro una civiltà che si sforza di abbreviare la via che conduce alla morte, pur possedendo i mezzi per allungarla […]” è altrettanto vero che ancora oggi, allorquando gli animi si riprendono dal torpore intellettuale sul quale contano le élite, “[…] la lotta per la vita, la lotta per Eros, resta la lotta politica […]”. Il vero dilemma contemporaneo è però sfatare il pessimismo evitando che i giovani manifestino una nuova tendenza ad assoggettarsi, ad essere vittime, consapevoli spesso, di qualsiasi autorità se questa offre loro protezione, soddisfazione narcisistica, vantaggi materiali e possibilità di indirizzare verso gli altri quel sadismo giovanile in cui trovano copertura le loro fragilità e quel non senso della storia che caratterizza le inquietudini dell’oggi.