Credo che l’interpretazione del valore religioso e laico della vita civile sia una chimera ideologica dal momento che la sostanza del giusto rapporto tra Stato e Chiesa si ripropone in Italia sempre nello stesso modo: nelle contraddizioni di una società cattolica a metà e strumentalmente laica se solo ragioni di partito o di visibilità mediatica la rendono altrettanto interessante. Tutto questo accade al di fuori di una giusta dimensione del rapporto tra Stato e Chiesa che spesso si riduce ad un confronto politico senza risultati. Un confronto dal quale non si riesce a distinguere -su spazi grigi di sovrapposizione che manifestano le intenzioni di pochi, ma influenzano le coscienza di molti- se vi sia un rispetto reale fra senso civile e ragione religiosa.
Se, poi, a tutto questo si aggiunge un abbandono alla chiusura strumentale di ogni dialogo ideale, libero, con chi esprime idee e posizioni diverse ciò rappresenta un atteggiamento contrario sia verso chi vorrebbe difendere, ed essere paladino, del valore laico della tolleranza sia verso chi, in ragione della propria funzione spirituale, dovrebbe guardare alla storia della fede come ad una storia fatta anche dagli uomini, con limiti e responsabilità. Un simile limite di dialogo espone entrambi al paradosso. Per i laici della scienza e della cultura, per il fatto che chi dovrebbe affermare i propri valori liberali e di laicità dovrebbe farlo senza precludere confronti e opportunità di gentile ospitalità ad una manifestazione civile e non trincerarsi dietro un’esclusione. Per i cattolici, nel fatto di non riuscire ad avere il coraggio di ridefinire, se necessario, momenti della storia e rileggerli in chiave contemporanea riconoscendo momenti di minor chiarezza per poter riscrivere contributi importanti al progresso scientifico e del pensiero civile naufragato spesso, nella storia dell’Occidente cristiano, in formule inquisitorie di censura se non quando persecutorie.
Ciò che si osserva è, in questa querelle di inviti mancati per un’ospitalità dovuta, una sterile contrapposizione che matura in un clima di fragilità ideale ed ideologica. Una fragilità di senso dell’opportunità che rischia di ricollocare la discussione, e le due prospettive di cultura laica della ricerca e della vita civile e di affermazione di una prospettiva religiosa della vita, su due piani paralleli senza possibilità di convergenze. In questo senso diventa difficile difendere sia il valore laico dell’Occidente e la cristianità quale fondamento della cultura popolare del nostro mondo. Diventa difficile, cioè, difendere il nostro progresso civile, laicamente inteso, e religioso, in un sistema che garantisce la libertà di coscienza. E tutto questo dal momento che alcuni ambienti cattolici non riconoscono che è proprio il valore laico della libertà ideologica che fa sopravvivere il senso di cristianità in Europa affrancandola dall’incalzare di altre offerte religiose, mentre i laici dimenticano che garantire la spiritualità di ogni cittadino, nel rispetto degli ambiti della rispettiva azione sociale, è una manifestazione pura di libertà di coscienza quale valore aggiunto di liberalità.
Così, non ci sono argomentazioni diverse se non quelle che sia necessario, in un confronto nel quale perdono tutti, per Chiesa e Stato che annullare l'intolleranza e la miopia culturale retrocedendo da un sentimento di monopolio culturale o di giusto ed universale possesso della verità. Ridistribuire il senso della civile convivenza proprio tra visioni diverse che hanno in comune la responsabilità, nel bene e nel male, di aver creato la civiltà occidentale superando errori e drammi mi pare sia la vera emergenza che nasce da posizioni di mancato riesame storico e di ingiustificabile diniego. Adesso si tratta di affermare un sentimento di reciproco rispetto. Una volontà sincera di riconoscimento dei rispettivi ambiti di azione che sgombri il campo che una presunta laicità della conoscenza possa essere strumento di un’antipatica intolleranza così come la rigidità dogmatica l’argine insuperabile di uno schematismo di Fede che ci avvicina, mentre dovrebbe allontanarci, da altri tragici radicalismi.
Oggi, laicità e fede, ponendosi in questo modo, dimostrano una debolezza culturale che sottolinea quanto sia fragile, nello stesso tempo, il senso civile dell’appartenenza e la volontà sincera di processare e riscrivere la storia dell’Italia e della cultura occidentale. Quanto sia ancora lontano il consolidamento di un senso civile e religioso di condivisione nella diversità di prospettiva sociale e giuridica capace di superare le condanne della storia e riconoscere responsabilità che non possono essere nascoste con nuove esclusioni, di fede e di scienza, facendosi scudo della coscienza e della buona fede del cittadino credente o non credente che sia.