È stato difficile svegliarsi oggi, forse più di ieri. Le immagini offerteci dalle redazioni giornalistiche sicuramente ci hanno proiettati, nuovamente, in una scena di terrore inconsueta per la storia dell’Europa contemporanea. Dell’Europa che cerca di dotarsi di un’identità politica che possa fare la differenza nel gioco difficile, cinico, delle relazioni internazionali del nuovo secolo. È stato difficile guardare le foto delle agenzie proposte dai vari quotidiani più delle immagini delle telecamere perché le prime, nella loro immobilità, si sostituiscono allo scorrere televisivo costringendoci a fermare le nostre menti su un evento, su un dramma, sulla considerazione che la strategia del terrore è una strategia non convenzionale, non simmetrica ma nemmeno asimmetricamente determinabile solo per ragioni di comodità militare o di polizia.
Il terrorismo è null’altro che politica. Politica espressa nella violenza e negli atti. Politica nei risultati che si intendono perseguire con l’azione. Così, credere che Al-Qaeda sia stata l’artefice unica e sola dell’azione rischia di spostare l’attenzione su quella che doveva essere invece una costante storica, un aspetto dato per acquisito: la strumentalità del terrore alla politica. Una strumentalità già vissuta dall’Italia con le Brigate Rosse, dalla Germania con la Raf[2] e dall’Irlanda del Nord nelle logiche rivoluzionarie dell’Ira. Per questo, un attacco profondo all’Europa, come quello condotto a Madrid, è cosa ben diversa dall’attentato alle Torri Gemelle. Rappresenta un salto di qualità politica. Non è la quantità delle vittime che ne determina la peculiarità. È semplicemente il risultato ed il significato politico della logica a monte: colpire una cultura. E colpirla dove è più favorevole la sua debolezza, di fronte ad una criticità politicamente vulnerabile: elezioni e terrorismo interno.
Dove la frammentazione sociale favorisce piattaforme locali di violenza politica ancora operative e capaci di supportare, in un gioco perverso del vantaggio reciproco, azioni politicamente significative per ogni gruppo terroristico. Non si tratta, quindi, soltanto di voler rispolverare la storia recente di una prossimità strategica fra terrorismo arabo e terrorismo europeo. La vicinanza delle Brigate Rosse all’estremismo palestinese e la loro capacità militare acquisita in anni di addestramento ad Aden, come il sostegno logistico dato dalla Libia alle operazioni e ai rifornimenti all’Ira[3] negli anni della maggiore, e cruenta, azione contro le forze di Londra sono esempi più recenti di strategie consolidate. Il terrorismo, al di là della matrice, cerca di proporre se stesso e, nella logica della visibilità ad ogni costo, e a qualunque prezzo, ad avvantaggiarsene possono esserne in molti e le convergenze parallele possono diventare una regolarità geometrica. Chi ottiene il risultato dell’azione dimostrando la sua capacità operativa e la sua pericolosità e chi vuole solo ricordare che esiste.
Chi nella confusione che segue all’alone di sofferenza, steso sul teatro del dramma, cerca di capitalizzare il proprio io direttamente o indirettamente. Per questo, quindi, divisioni e frammentazioni, dubbi e incapacità di esprimere una politica europea favoriscono l’attacco da parte di chi strumentalizza le stratificazioni interne dell’avversario attaccandolo dall’interno, consapevole che la stratificazione della comunità è la prima possibilità per incidere significativamente sulle masse. Ma oltre a tale vulnerabilità interna, anche una politica estera di basso profilo è pericolosamente insostenibile. In gioco non vi è solo la stabilità di uno Stato, ma l’idea di una cultura da difendere comunque, dall’interno verso l’esterno. Per questo, al di là della prossimità statunitense, il futuro dell’Occidente si gioca in Europa. Per questo l’attentato di Madrid, nella sua dinamica, nella scelta del tempo e nella pervicace sopravvivenza di un terrorismo interno diventa molto più pericoloso per gli effetti futuri per una cultura intera: quella occidentale.
[1] Eta - ovvero Euskadi Ta Askatasuna - Paìs Vasco y Libertad, Paese Basco e Libertà - è un’organizzazione terroristica attiva nei Paesi Baschi il cui scopo è l’indipendenza del popolo basco. Responsabile di diversi attentati in più decenni di attività, la sua creazione risale agli anni Cinquanta distinguendosi come la più pericolosa organizzazione politica clandestina. L’obiettivo dell’Eta è il conseguimento dell’indipendenza del popolo basco diviso tra territori spagnoli e francesi comprendenti parte della Navarra e il Sud-Ovest della Francia.
[2] Rote Armee Fraktion, meglio nota come RAF e conosciuta come Banda Baader-Meinhof, è sicuramente stata una delle organizzazioni terroristiche di sinistra più importanti e operative dell’Europa Occidentale. Autodefinitasi come un movimento di guerriglia urbana comunista e anti-imperialista, la Raf si riteneva impegnata della condotta di un’attività di resistenza armata contro lo Stato fascista. Fondata il 14 maggio 1970 da Andreas Baader, Ulrike Meinhof, attiva fino al 1993, venne disciolta nel 1998. Responsabile di diversi attentati, soprattutto nell’autunno del 1977, ad essa vengono attribuiti oltre 30 morti quale conseguenza delle sue attività eversive e un gran numero di feriti.
[3] Ira - Irish Republican Army - rappresenta la dimensione espressa in chiave movimentista e politica dell’organizzazione militare voluta dai Volontari Irlandesi che nel 1919 la Camera Bassa del parlamento irlandese riconobbe come esercito della Repubblica irlandese proclamata durante la Rivolta di Pasqua del 1916. In questa veste l’lrish Republican Army combatté nella guerra d'indipendenza contro le forze britanniche. Ancora oggi la connotazione indipendentista contraddistingue il movimento che, in realtà, si presenta con una doppia anima, politica e militare. Negli ultimi anni sono stati diversi i tentativi da parte irlandese e britannica di far emergere l’aspetto politico nel tentativo di raggiungere formule condivise di autonomie possibili per l’Irlanda del Nord dalla Corona britannica.