Uno dei più evidenti difetti dell’Occidente è quello di non avere il senso della realtà. O, meglio, di non averne abbastanza soprattutto quando ad essere coinvolti da fatti ed eventi sono cittadini qualunque. Non le imprese o il grande nome politico, ma coloro i quali hanno il torto di essersi concessi una vacanza cercando, attraverso la loro presenza e la scelta di un itinerario piuttosto che un altro, di dimostrare quanto noi, italiani e non solo, apprezziamo ambienti e vestigia di popoli con i quali condividiamo una storia millenaria.
Una storia che non è solo un momento di confronto dettato dalla sempre più ridotta distanza tra le nostre comunità, ma rappresenta, nel suo dinamismo, un veicolo di contatto, di confronto e di sintesi se le condizioni fossero diverse. Dopo il barbaro attentato di Tunisi, nel voler avere risposte o notizie, potevamo scegliere i giornali con i titoli a caldo più in linea con il nostro sentimento del momento. Potevamo decidere di leggere una prima pagina che titolava “Sangue italiano, e’ guerra” , oppure preferire il titolo “ Tunisi, i primi italiani uccisi dall’Isis” come se l’Italia e i suoi cittadini non fossero da considerare, sino a mercoledì scorso, degli obiettivi possibili convinti, magari, di poter esorcizzare il pericolo confidando nel nostro opportunistico buonismo. La verità è che ancora una volta pagano dei cittadini, delle persone, uomini e donne come tanti. Italiani che vivono nella speranza che qualcuno garantisca loro una cornice di sicurezza giusta, meritata, dovuta.
Lasciamo in Tunisia, su un terreno non distante dalle nostre coste, delle vittime uccise da un vigliacco e criminale culto della morte che rende, solo per questo, qualsiasi religiosità blasfema. Vittime di un’azione che non ha nulla di eroico, nulla di solennemente “santo”. Un’azione condotta contro uomini e donne che non potevano difendersi e che nessuno ha difeso se non dopo, solo dopo, ma con le solite frasi di circostanza. La verità è che l’Occidente, nella ondivaga politica del fare e non fare continua a giocare non solo con il suo futuro, ma con la sua sempre più residua credibilità presso un mondo arabo dove snobba gli interlocutori possibili. Quegli interlocutori necessari per arginare tale cancro, come Egitto, Giordania e per certi versi Assad-jr, che ancora oggi esprimono, ancorché con limiti evidenti almeno per Damasco, una dimensione laica del potere politico. Una prospettiva che liberi cioè, il potere da una religiosità di comodo e il proprio credo dalla violenza.
L’Occidente ha fallito nel disarmare, politicamente, il processo di Barcellona e la costruzione di una Comunità Euromediterranea già dal suo avvio, nel 1995. E ha continuato a fallire favorendo le farsesche primavere arabe invece di investire sulla crescita economica delle comunità del Nord Africa e del Medio Oriente mirando a persuadere, piuttosto che a rovesciare, i vari governi a modificare i termini di accesso alla ricchezza, oltre che quelli di partecipazione politica. Disoccupazione, marginalità, scarsa promozione dei valori sui quali si costruisce una vera democrazia laica, nel rispetto delle singole fedi, hanno aperto la porte al radicalismo più estremo e feroce, e reclutare masse di esclusi o di paranoici intellettuali è diventato semplice, terribilmente semplice per chi usa corpi e menti senza rispetto del proprio simile. L’assenza di una politica concreta, autorevole, non autoritaria ma decisa, capace di convincere regimi e potenti, al pari di una mai definita né pianificata politica di difesa e sicurezza nel Mediterraneo, condanna il nostro quotidiano all’incertezza, trascina la nostra serenità verso la paura.
Aver cercato di conquistare la sensibilità degli esclusi ospitandoli nella migrazione non è stato, e non è, un esercizio apprezzabile se ad esso non si accompagna un senso di tutela e di rispetto del cittadino che ospita e del migrante che chiede ospitalità. Allo stesso tempo, non si può decidere di assumere politiche vaghe e fumose che si disperdono tra i marosi del Grande Mare. Si tratta di avere le idee chiare di dove si vive oggi, di come si vive e con chi dovremmo confrontarci a breve. Il resto, le parole, le dichiarazioni sintetizzate nella certezza di una “Italia (che) non si farà intimorire” rimangono, e tali vengono interpretate dall’avversario, come mere retoriche tipiche di alcuni paesi occidentali che, ieri come oggi, sono responsabili dell’assenza di una politica di sicurezza e di difesa del Mediterraneo tanto quanto di una mancata politica di crescita e sviluppo che offra pari opportunità e renda marginali i disperati o i saccenti amanti della apostasia civile. Ovvero, di quella vergogna che è calpestare e uccidere cittadini inermi in nome di un Dio che, a questo punto, può essere qualsiasi cosa, ma certamente né grande, né tantomeno misericordioso.
Lasciamo in Tunisia, su un terreno non distante dalle nostre coste, delle vittime uccise da un vigliacco e criminale culto della morte che rende, solo per questo, qualsiasi religiosità blasfema. Vittime di un’azione che non ha nulla di eroico, nulla di solennemente “santo”. Un’azione condotta contro uomini e donne che non potevano difendersi e che nessuno ha difeso se non dopo, solo dopo, ma con le solite frasi di circostanza. La verità è che l’Occidente, nella ondivaga politica del fare e non fare continua a giocare non solo con il suo futuro, ma con la sua sempre più residua credibilità presso un mondo arabo dove snobba gli interlocutori possibili. Quegli interlocutori necessari per arginare tale cancro, come Egitto, Giordania e per certi versi Assad-jr, che ancora oggi esprimono, ancorché con limiti evidenti almeno per Damasco, una dimensione laica del potere politico. Una prospettiva che liberi cioè, il potere da una religiosità di comodo e il proprio credo dalla violenza.
L’Occidente ha fallito nel disarmare, politicamente, il processo di Barcellona e la costruzione di una Comunità Euromediterranea già dal suo avvio, nel 1995. E ha continuato a fallire favorendo le farsesche primavere arabe invece di investire sulla crescita economica delle comunità del Nord Africa e del Medio Oriente mirando a persuadere, piuttosto che a rovesciare, i vari governi a modificare i termini di accesso alla ricchezza, oltre che quelli di partecipazione politica. Disoccupazione, marginalità, scarsa promozione dei valori sui quali si costruisce una vera democrazia laica, nel rispetto delle singole fedi, hanno aperto la porte al radicalismo più estremo e feroce, e reclutare masse di esclusi o di paranoici intellettuali è diventato semplice, terribilmente semplice per chi usa corpi e menti senza rispetto del proprio simile. L’assenza di una politica concreta, autorevole, non autoritaria ma decisa, capace di convincere regimi e potenti, al pari di una mai definita né pianificata politica di difesa e sicurezza nel Mediterraneo, condanna il nostro quotidiano all’incertezza, trascina la nostra serenità verso la paura.
Aver cercato di conquistare la sensibilità degli esclusi ospitandoli nella migrazione non è stato, e non è, un esercizio apprezzabile se ad esso non si accompagna un senso di tutela e di rispetto del cittadino che ospita e del migrante che chiede ospitalità. Allo stesso tempo, non si può decidere di assumere politiche vaghe e fumose che si disperdono tra i marosi del Grande Mare. Si tratta di avere le idee chiare di dove si vive oggi, di come si vive e con chi dovremmo confrontarci a breve. Il resto, le parole, le dichiarazioni sintetizzate nella certezza di una “Italia (che) non si farà intimorire” rimangono, e tali vengono interpretate dall’avversario, come mere retoriche tipiche di alcuni paesi occidentali che, ieri come oggi, sono responsabili dell’assenza di una politica di sicurezza e di difesa del Mediterraneo tanto quanto di una mancata politica di crescita e sviluppo che offra pari opportunità e renda marginali i disperati o i saccenti amanti della apostasia civile. Ovvero, di quella vergogna che è calpestare e uccidere cittadini inermi in nome di un Dio che, a questo punto, può essere qualsiasi cosa, ma certamente né grande, né tantomeno misericordioso.