Europa senza Europa
Europa, un’identità politica costruita su presupposti di unità economica. Ambiziosa idea di ricondurre le diversità della storia in un’unica comunità che si ispiri a quei valori che sono stati croce e delizia di un percorso millenario, superamento di un dividendo culturale che non vorrebbe favorire nessuno al di fuori di una comune tutela del proprio futuro. Europa: trasposizione politica di un’astrazione geografica la cui concretezza si risolve nella capacità di porre in essere un protagonismo possibile nella comunità internazionale, nella pretesa di trasformare un’idea di comodo per alcuni in una formula di sintesi ideale, culturale, politica prim’ancora che economica come invece è stato per assicurare la sopravvivenza non di un’idea “geografica” ma di un modello di vita. Perché se è vero che la Comunità, oggi Unione europea, “[…] è l'esempio di un'unione di Stati nazionali che non è né un impero né una federazione, ma una realtà diversa e forse una novità assoluta […]” (Michael Walzer), e se è altrettanto condivisibile osservare che “[…] la costruzione dell'Europa è un'arte ed è l'arte del possibile […]” (Jacques Chirac), allora, per essere protagonisti, diventa sempre più necessario evitare che accada ciò che pensava a riguardo Paul Valéry in momenti lontani: e cioè che L'Europa “[…] diventi quello che in realtà è: cioè un piccolo promontorio del continente asiatico […]”. In tutto questo non è l’assenza di governi che caratterizza l’ondivaga realizzazione di un’Europa unita come scritto da Mario Deaglio (La Stampa, 20 ottobre 2010), ma l’inesistenza di pari capacità politiche tra i partner e l’unità di indirizzo politico che manca nella dimensione euro-unionista. Due limiti che non possono risolversi solo nel dirigismo economico. In fondo lo stesso euro non è espressione di una sovranità pienamente democratica ma è solo il controvalore economico di ciò che rimane ancora oggi un’astrazione politica.