
E’ difficile proporre soluzioni o dare indicazioni. Ed è difficile farlo con i politici, con i generali, con chi si assume in questo Paese il diritto derivato da un ruolo onnisciente per il quale rinuncia a qualsiasi passo indietro anche se ciò fosse necessario, ragionevole, imposto dai fatti, per ristabilire un ordine nelle priorità, un ordine nella valutazione del rischio rispetto al risultato. In Italia si è intelligenti e considerati non per i contenuti che si esprimono, ma per il ruolo o i gradi che si ricoprono gli uni o si rivestono gli altri. Un ministro, un generale è per forza di cose più intelligente e più bravo di chiunque altro ed evita confronti e discussioni; men che mai metterebbe in forse anche una politica improduttiva ammettendo la necessità di rivederne gli indirizzi e, pur di non perdere il proprio ego, persevera nell’errore.
A questo punto forse si potrebbe porre una domanda “politica”, magari attendendo una risposta, una domanda semplice e da uomo comune, da cittadino. E cioè, guadando al di là del nostro misero orizzonte, se il Mediterraneo è oggi (ma lo era anche ieri e l’altro ieri ancora):
1. il nostro spazio strategico naturale, per noi e per la Nato, visto che è un'area di convergenza di interessi, oltre che politici anche economici, di non poco rilievo;
2. lo spazio nel quale si muovono le nostre “linee di supporto strategico” che garantiscono la sopravvivenza economica delle nostre produzioni, dove si giocano la stabilità o l'instabilità delle nostre comunità;
3. lo spazio nel quale ORA -lo era da tempo, ma sorvoliamo sulla miopia occidentale- sta maturando non solo un’emergenza umanitaria, ma politica di rischio di un'onda di instabilità che ci avvolgerà se non parteciperemo alla transizione a nuove forme di governo veramente democratiche evitando derive fondamentaliste,
ecco, mi chiedo, come tanti altri cittadini non esperti e lontani dalle “cose della politica”, cosa ci facciamo ancora oggi - a situazione interna immutata e con un governo che non credo abbia intenzione di governare… almeno come vorrebbe l'Occidente - in Afghanistan con una emergenza alle porte della Nato? Alle porte del mondo e della cultura occidentale che rischia di esser avvolta in un alone di sofferenza che dal Medio Oriente al Nord Africa ci potrà trasportare all’interno di in un arco abbastanza ampio di crisi regionale?