L’Italia in alto mare
Diciamolo, se vogliamo essere onesti con noi stessi, che prima o poi si sarebbe raggiunto quel punto di non ritorno che avrebbe condannato l’Italia a vedersi sola. Sola e abbandonata. Dall’incontro di mesi fa tra Draghi e il presidente algerino alle nuove imprese dell’Italia in Tunisia se non libiche di un governo che oggi grida al complotto europeo contro l’Italia, si giunge alla vera linea rossa, al saldo geopolitico della credibilità di una nazione. Dopo aver permesso e sostenuto ogni ragione dell’Europa e della Nato, in un viatico che doveva rispondere alle volontà di Washington di aprirsi una porta verso la Russia nel contenere la stessa Europa e la Cina, nel Mediterraneo e nel Nord Africa, l’Italia è oggi come un burattino in un teatro, volto a recitare una parte nella speranza di fare gioco al generoso dominus di sempre. Un gioco a perdere, per l’Italia, per il quale la stessa instabilità dei paesi del Nord Africa rientra nella strategia del caos rivolta a non dare segni e, soprattutto, offrire condizioni di linearità di governance favorevoli a competitor europei, funzionalmente utile, come la crisi russo-ucraina, a impedire la crescita di un’Europa mediterraneamente forte e non più appendice neoimperiale degli Stati Uniti.