Siamo giunti ormai, man mano, verso l’epilogo di un’altra estate. Dopo aver sudato anelando spunti e promesse di libertà, quasi come se tale diritto oltre che condizione fosse una concessione di un governo o l’altro, dopo aver respirato le nostre ore d’aria ci apprestiamo a lasciare mare e monti, colline e campagne, centri rurali e piazze.
Ci ritufferemo nel quotidiano distopico che ormai persiste nel nostro intimo, cercando di esorcizzare quelle paure che ci assalgono quando la nostra salute sembra essere minacciata e per la quale val bene uccidere anche dei diritti fondamentali pensando di sopravvivere alle regole del destino umano. Ci ritufferemo in un mondo che non sembra avere soste nella sua deriva compulsiva che fa delle infinite emergenze gli alibi migliori, se non perfetti, per giocare a chi resiste di più al potere, condizionando vite e rendendo ideologico tutto, dal come ti curi o non ti curi al come ti vesti o non ti vesti, dividendo per non unire.
In questo, nessuno sarà lasciato su spazi di extraterritorialità d’animo diventando ben presto la preda migliore del nuovo cannibalismo politico e mediatico che, nel mutare pelle, giocherà le prossime carte per sopravvivere. Se l’Italia sembra essere diventata il laboratorio globale per sperimentare cure di vario tipo e genere e modelli di governance assistita, non credo che la Calabria che a metà ottobre verrà sarà da meno. Anzi, essa rappresenterà, nel suo piccolo, e a sua volta, quel laboratorio nazionale nel quale far confrontare le contraddizioni di sempre nella speranza che si possa giungere ad una sintesi del possibile.
In questo fazzoletto d’Italia si giocheranno le rese dei conti tra partiti e nei partiti; che siano tradizionali o presunti nuovi non importerà. In una corsa a raccordare in periferia uomini, donne e proclami con il centro politico del Paese, l’idea che l’autunno possa offrire al Paese, e alla Calabria, quella rinascita richiesta ma non trovata diventerà un’illusione per gli stessi illusionisti che alla fine spargeranno, e lo faranno molto bene, solo nuvole sapendo che non vi saranno tempeste. In un modello che cerca l’accordo al di là di chi vincerà e di chi perderà, la sopravvivenza del politico quale categoria sociale che si distingue dal resto dell’umanità resterà l’unica ragione che deciderà le sorti di una lista o dell’altra replicando, alla fine, quell’unità di interessi piuttosto che di intenti che definisce già un esecutivo nazionale allargato a più anime.
L’estate volge al termine ed in fretta e sembra che in tanti si aspettino grandi cambiamenti dall’autunno che verrà. Ma come si sa, l’autunno non è la stagione migliore per i raccolti essa è solo un punto di arrivo di quanto già seminato mesi prima. Il grano matura e offre il suo meglio a settembre e solo l’andamento della vendemmia potrà dire come affronteremo le corte giornate d’inverno. L’estate sta finendo e con essa l’ultimo sussulto della dignità di un uomo e di una terra è lasciato alle sere che verranno del vespro di novembre nella speranza che l’inverno, cui oggi si preparano le porte, non finisca per accorciare ogni speranza di poter avere ancora una prossima estate.